domenica 20 maggio 2007

NEW WAVE ONE HUNDRED: parte 2 (lettera B)

Bauhaus (UK)

Bela Lugosi’s dead

1978


Ziggy Stardust

1983

Bela Lugosi's dead/Undead undead undead

Il dark comincia da qui. Basso cupissimo, echi e riverberi dub, drum machines e androginia simil-Bowie. Di Bowie ripresero Ziggy Stardust, che diventò il loro maggiore hit, subito prima dello scioglimento. Breve apparizione all’inizio di The Hunger (Miriam si sveglia a mezzanotte) del 1983, dove eseguono Bela Lugosi’s dead.

Beat, the (UK)

Mirror in the bathroom

1980

Non tragga in inganno la terza posizione dei Beat, alle spalle di Madness e Specials, nelle olimpiadi del revival ska, con i quali, insieme ai Selecter, condivisero, almeno agli inizi, quando stavano tutti nell’etichetta 2-Tone, il progetto di fondere ballabilità e testi impegnati contro il razzismo. Il primo album, autentica fucina di singoli reali e potenziali, rappresenta un ascolto imprescindibile per comprendere l’esperienza ska (una sorta di reggae accelerato) inglese e suona freschissimo ancora adesso. Mirror in the bathroom, contrariamente ad altri pezzi, ha a che fare con temi più individuali come il senso di alienazione e paranoia indotte, ma non si evince direttamente dal testo, dall’abuso di cocaina.

4° posto in Regno Unito.

B-52’s, the (US)

Dirty back road

1980


My private Idaho

1980

In Italia, nella prima fase, furono divulgati attraverso i due pezzi segnalati, dal secondo album, Wild Planet. Esemplificano chiaramente il loro stile, pieno di reminiscenze pop anni sessanta, rockabilly ed energia che porta a saltellare allegramente dall’inizio alla fine, talvolta su tempi robotici e cadenzati come in Dirty back road. I testi tendevano al surreale e al nonsense, ma gran parte della riuscita del progetto si doveva al contrasto creato dalla stentorea voce maschile e dai ghirigori armonici delle due voci femminili insieme ad un assetto visuale pieno di glamour e di ironia, con tanto di improbabili parrucche, da cui il nome del gruppo .

Dalla collaborazione con David Byrne, da cui sarebbe stato lecito aspettarsi faville, uscirono intristiti (Mesopotamia); nel 1989, dopo una serie di prove incolori, rimessi a lucido dagli sforzi congiunti di Don Was e Nile Rodgers, facendo sembrare, tuttavia, che non era cambiato quasi nulla dai loro primi tempi felici di dieci anni prima, sbancarono le classifiche con Cosmic Thing e due singoli best seller.

Big Country (UK)

In a big country

1983

Erano quelli che suonavano le chitarre in modo che sembrassero cornamuse ma anche violini (con l’e-bow). Dopo tutta l’effeminatezza new romantic, si risentì l’odore di ferormoni maschili esaltati da un look camicie a quadri-jeans-stivali, stile cowboy delle Highlands e dalla voce stentorea di Stuart Adamson. Nel titolo segnalato, quasi eponimo, si riconoscono la magniloquenza epica delle chitarre e la marzialità delle ritmiche, tipiche della band. Il pubblico gradì moltissimo, tenendo il primo album, The Crossing, per quasi un anno e mezzo in classifica in UK e mandando in top ten quasi tutti i singoli tratti dai primi tre album. Non c’erano grandi idee però, e nonostante le vendite, già il secondo album affondava nella noia di un suono monocorde.

Stuart Adamson, fondatore, cantante e chitarrista della band, si suicidò nel 2001 alle Hawaii, a seguito di gravi problemi di dipendenza da alcool.

Blancmange (UK)

Living on the ceiling

1982

Usciti dal cappello magico del technopop, si distinguevano per uno stile più nervoso, con trame elettriche in cui confluivano anche strumenti orientali con effetti di esotismo, ritmiche spezzate e meno prevedibili della media. Il loro momento fu tra il 1982 e il 1984, un paio di album di successo e una manciata di singoli in classifica, di cui Living on the ceiling fu il maggiore (n. 7 e 14 settimane in classifica)

Blondie (US)

Hanging on the telephone

1977


Heart of glass

1979

Qualcuno nei piani alti delle case discografiche doveva aver scoperto a quali attività indugiano gli adolescenti oltre ad ascoltare musica pop. L’immagine di Debbie Harry, front-woman dei Blondie, sembrava costruita apposta per soddisfare anche i bisogni di autoerotismo degli adolescenti maschi, - Il laureato, come genere.

Provenienti dalla scena punk newyorkese del CBGB’s, virarono verso un pop di grande efficacia, la cui formula raggiunse la perfezione in Parallel lines, l’album del 1978, che esprimeva l’immediatezza della tradizione armonica del pop anni sessanta ricontestualizzata in ambito new wave, unita ad una certa speditezza moderna e con ritmiche che pescavano dappertutto. Contrariamente a quanto dichiarato dal titolo dell’album, tutto convergeva magnificamente, anche il crossover disco di Heart of glass, che impose finalmente il gruppo anche negli Stati Uniti dove, nonostante il successo inglese, risultavano dei perfetti sconosciuti. Andò tutto molto bene per un paio di anni (una mezza dozzina di singoli che rimangono tra le canzoni più popolari del periodo), poi lo scioglimento.

Boomtown Rats (Irlanda)

I don’t like Mondays

1979

Bob Geldof, prima di dedicarsi a grandi progetti umanitari, faceva la popstar a tempo pieno; con il suo gruppo si trasferì da Dublino a Londra in cerca di notorietà, in pieno furore punk, nel 1976. Transitò velocemente a forme rock più tradizionali, con nessuna influenza specifica nettamente individuabile. Tra la fine del 1978 e il 1980, i Boomtown Rats erano presenze abituali nelle classifiche inglesi. I don’t like Mondays, rimane la loro canzone più memorabile, grazie anchead un video di David Mallet, in cui per la prima volta veniva raccontata una storia; il titolo della canzone è la risposta data alla polizia da una ragazza di 16 anni che nei pressi di San Diego nel 1976 cominciò a sparare in una scuola vicino a casa, uccidendo due adulti e ferendo otto bambini; di questa vicenda parla la canzone.

Bow Bow Bow (UK)

Chihuahua

1981

Primo progetto post-Sex Pistols di Malcolm McLaren; stavano nel reparto ritmi tribali e schitarrate, non propriamente l’opzione preferita di chi ama le melodie, tipicamente assenti. Il pezzo proposto, contrariamente agli altri, suona quasi melodico; il video relativo ce lo fece vedere qualche volta Carlo Massarini a Mr. Fantasy.

Sarebbe dovuto toccare loro il successo che invece andò ad Adam Ant, se insieme alla band fosse rimasto anche lui. Andò diversamente: Adam Ant, in cerca di successo dopo lo scarso entusiasmo commerciale suscitato dal suo primo disco, si rivolse a Malcolm McLaren, il produttore dei Sex Pistols, ormai disciolti. A McLaren, Adam Ant non piacque, si tenne la sua band e lo licenziò, sostituendolo con Annabella Lwin, quattordicenne, originaria della Birmania dalla parte di padre. Tra scandali veri o creati ad arte, principalmente dovuti alla minore età della cantante, il progetto di McLaren, fece molta fatica a decollare; quando finalmente, al sesto tentativo (Go wild in the country), entrarono nella top ten inglese, i pezzi migliori erano già andati, e faticarono a mantenere la notorietà, che si reggeva, comunque, su elementi extramusicali.

Bowie, David

Sound and vision

1977


Fashion

1980

“… Bowie was one of the most influential musicians in rock, for better and for worse. Each one of his phases in the ‘70s sparked a number of subgenres, including punk, new wave, goth-rock, the New Romantics, and electronica. Few rockers ever has such lasting impact.” S.T. Erlewine, All Music Guide to Rock, 2002

In principio fu… David Bowie: se rimane controverso l’apporto originale di Bowie alla musica rock - molti sostengono, per esempio, che fu solo un abile utilizzatore di materiali altrui, è unanime la tesi che il suo ultimo contributo di una qualche originalità fu Scary Monsters, l’album del 1980. In particolare tra la pubblicazione di Low e quella di Scary Monsters, il prestigio di Bowie era al massimo: sistemandosi a Berlino con Brian Eno e accogliendo di lì a poco anche Robert Fripp, si mantenne non solo arbiter indiscusso del gusto e di atteggiamenti estetici, ma anche artefice di scenari sonori, che altri avrebbero calcato solo molto tempo dopo, trovando anche il tempo di far rinascere Iggy Pop, analogamente a quanto fatto cinque anni prima con Lou Reed (“From station to station/back to Dusseldorf City/
Meet Iggy Pop and David Bowie”, cantavano i Kraftwerk).

In Sound and vision, primo singolo da Low, la voce di Bowie si comincia a sentire a metà canzone e non rallegra più di tanto l’atmosfera malata imbastita da distorcenti batterie da marcia militare, l’ossessivo suono dei piatti, un accattivante riff di chitarra e un simil-violino elettronico che fa filtrare una luce fredda e altrettanto morbosa. Ai funzionari della RCA, a cui versimilmente il primo ascolto di Low doveva aver fatto imbiancare e cadere tutti i capelli, il terzo posto di Sound and vision, in Inghilterra - erano quattro anni che un pezzo originale di Bowie non andava così in alto in classifica, risultò oltremodo inaspettato, placandoli temporaneamente.

Fashion, il secondo singolo tratto da Scary Monsters, che palesa più di una risonanza da Golden years, tranne che per l’eccellente lavoro chitarristico di Robert Fripp, apre e chiude i conti con l’appena nato movimento new romantic: Steve Strange, leader dei Visage, compariva nel video di Ashes to ashes, e in quello di Fashion si vedono freak in coda per entrare in discoteca, vestiti in abiti vittoriani, che ricordano una corte dei miracoli. L’ironia di Bowie (“turn to left/turn to right, talk to me don’t talk to me, dance with me don’t dance with me”) tutta tesa a mettere in evidenza la stupidità della moda, rimase lettera morta: Fashion venne utilizzata a lungo sulle passerelle che la canzone metteva alla berlina e diventò l’inno dei ragazzi che frequentavano il Blitz, il locale di Londra, da cui si diffuse il verbo new romantic.

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