L'esistenza individuale non è un punto contemplativo nello spazio - come sogliamo rappresentarcela staticamente - né, come altra volta mi parve, una linea in progresso nel tempo - come sogliamo rappresentarcela dinamicamente. Non è un semplice specchio né una semplice serie di esperienze e di acquisizioni. E' piuttosto una macchina complessa e contraddittoria di compensazioni, che funziona ad un fine che le è inerente. Essa non aspira alla coscienza, al benessere, alla saggezza, alla potenza.
Non aspira alla felicità. Sembra aneli soltanto a un difficilissimo equilibrio fra un certo numero di 'falsi scopi'. Chi crede di perseguire la gloria e la ricchezza, e in realtà mira a conservarsi in uno stato di agitazione permanente. Chi cerca unicamente la quiete, e si assicura invece una impercettibile agonia. L'esistenza si crea desideri apposta per non soddisfarli, l'impossibilità per potervisi urtare continuamente. Essa non vuole in realtà nulla di quanto inesauribilmente progetta, ma si appresta a nutrirsi delle dubitose transazioni fra progetto e realtà, talora della stessa inevitabile sconfitta. Quanti ardenti desideri, realizzati per isbaglio, ci hanno lasciati costernati e infelici! Scrutata a fondo, ogni vita è impossibile, è un ballerino sulla corda tesa. Ogni esistenza si muove su di una linea sottilissima: fra pareti illusorie di sogni, aspirazioni, progetti, orrori, rimorsi, delusioni, architettati unicamente ai fini di quell'inesplicabile equilibrio, che è la loro risultante infallibile.
da "Vecchi foglietti", in Poesie, meditazioni e ricordi, tomo II - Meditazioni e ricordi, Adelphi, 1984.