lunedì 26 marzo 2007

I giorni della disco - 2.2


50. Fly Robin fly Silver Convention 1975
Se vi piace di più, potete anche sostituirla con Get up and boogie (1976), sono perfettamente interscambiabili: entrambe utilizzano non più di sei parole - fly Robin fly, up up to the sky, una; get up and boogie, that's right!, l'altra. Il tema musicale, se così si può dire, viene esaurito nel primo minuto. Detto questo, furono una delle produzioni di maggiore successo mondiale (Numero uno e numero due, rispettivamente nella classifica di Billboard) tra il 1975 e il 1976. Produzione tedesca.

49. Black jack Baciotti 1978
Buona produzione italiana (Pippo La Rosa), largamente influenzata nelle atmosfere dai lavori di Giorgio Moroder di quel periodo.

48. Black is black La Belle Epoque 1977
Cover dell'omonimo brano dei Los Bravos, hit del 1966. Produzione francese, discreto successo.

47. What’s your name what’s your number Andrea True Connection 1978
Esplosa l'anno prima con More more more, l'ex porno star Andrea True è forse più popolare in Italia con quest'altro brano: piuttosto incalzante nella struttura musicale, con venature quasi rock (si fa per dire!), descrive un incontro tra single in un bar.

46. Shadow dancing Andy Gibb 1978
Il minore dei fratelli Gibb raggiunse l'apice del successo con questo singolo, quasi contemporaneamente alla Fever dei Bee Gees: era il terzo numero uno consecutivo in US. Riferibile sicuramente alla produzione disco dei Bee Gees, appare piuttosto dimenticato adesso.
Ebbe gravi problemi di dipendenza da droga e alcool: morì appena trentenne nel 1988.

45. The best disco in town Ritchie Family 1976
Medley di brani popolari nelle discoteche (tra gli altri Lady Bump, I love music, Turn tbe beat around), fu uno dei grandi successi disco del 1976. Produce Jacques Morali.

44.
Magic Fly Space 1977
Nato come sigla di programma della tv francese sull'astrologia diventò un hit da discoteca, costituendo una delle prime variazioni del tema "cosmico", particolarmente attraente per i produttori disco.

43. Gimme some Jimmy ‘bo’ Horne 1976
Proveniva da uno dei poli principali della prima disco, Miami, dove operava Harry Casey (KC and the Sunshine Band). Quasi dimenticato, non comparve all'epoca in quasi nessuna classifica internazionale ma in Italia, quando si sentì le prime volte apparve subito irresistibile, e andò molto bene in hit parade.

42. La vie en rose Grace Jones 1977

Il progetto artistico "Grace Jones" attraversò anche la disco, con buoni risultati tra l'altro, ma quello che venne dopo fu ancora meglio. Icona gay (primo successo: I need a man), con voce quasi sempre fuori registro, corpo stupendo, viso squadrato e androgino, con la sua immagine scioccante primeggiava in quegli anni tra Parigi e New York. La parola "look" e tutto ciò che ne deriva, potrebbe essere stata inventata per lei: sfilate di moda, incredibili servizi fotografici e apparizioni nei club più esclusivi del mondo (fu una delle muse di Andy Warhol, che accompagnava allo Studio 54). Dopo i primi tre album disco virò verso un suono più rock che fondeva la new wave con le atmosfere reggae fornitele dagli eccezionali Sly Dunbar e Robbie Shakespeare: nel 1981, Nightclubbing, il secondo dei tre dischi di questa fase, fu votato disco dell'anno, dal sempre piuttosto snob New Musical Express. Altrettanto centrata e apprezzata fu la produzione di Trevor Horn per il disco del 1985, Slave to the rhythm.
La sua rilettura in chiave disco del celeberrimo brano di Edith Piaf non è forse la sua cosa più interessante, ma è quella che la rese celebre nell'autunno del 1977 in Italia e offre un esempio del suo stile straniato e straniante.

41. Hot shot Karen Young 1978
Piuttosto briosa e incalzante, Hot shot merita a pieno titolo la definizione one hit wonder. Si segnala un primo posto nella classifica dance/club hit di Billboard.

domenica 25 marzo 2007

I giorni della disco - 2.1

60. The hustle Van McCoy 1975

La trovo di una noia mortale: non mi è mai piaciuta. sta qui perchè costituisce una tappa imprescindibile nella storia del ballo e del costume negli Stati Uniti. Fu un enorme successo in tutto il mondo.

59. I love to love Tina Charles 1976

Una delle poche produzioni disco provenienti dal Regno Unito, curiosamente periferica rispetto alle principali correnti disco del periodo. Produce l’anglo-indiano Biddu, responsabile anche di Kung fu fighting. Rimixata nel 1986, si rivelò un grosso successo in Italia nell’estate del 1987.

58. Zodiacs Roberta Kelly 1977

In Italia nell’estate del 1977 contese a Donna Summer il primato in discoteca e nelle classifiche di vendita. Producevano Moroder e Bellotte. Vendite scarse in UK e in US, dove è più nota per Trouble-maker dell’anno prima, numero uno della Billboard Hot dance/disco chart.

57. Ramaya Afric Simone 1975

Furoreggiò nelle discoteche e in classifica nel 1976. Più un fatto di costume che altro. Citata da Elio in “Pippero” nel 1992 e nel programma TV “Anima mia” del 1997.

56. Kung fu fighting Carl Douglas 1974

Uno dei primi successi planetari del periodo disco: numero uno in UK e in US. Popolarissima ancora adesso. Produzione inglese (Biddu).

55. Rock on Hunter 1977

54. Scotch machine Voyage 1977

Rock on: non propriamente disco, ma si straballava nei primi mesi del 1978; veniva mixata con Scotch machine. Tarantella con archi e le cornamuse dei Voyage. Disco-folk?

I Voyage erano una delle realtà più interessanti provenienti dalla Francia: di grande successo anche negli Stati Uniti. Dei Voyage vanno ricordate anche Souvenirs, di qualche mese successiva, e From East to West, dell’anno dopo.

53. Gonna fly now Maynard Ferguson 1977


Temi di film in salsa disco: questo è il primo. Il trombettista Ferguson andò al primo posto dappertutto con questa, che era il tema di Rocky.


52. Star Wars theme Meco 1977

51. Theme from “Close encounters of the third kind” Meco 1977


Subito dopo fu il turno dei due tra i più grossi blockbusters di tutti i tempi. Meco, che aveva coprodotto Never can say goodbye di Gloria Gaynor e prodotto Doctor’s orders di Carol Douglas, rimase folgorato dalle musiche di John Williams per Guerre Stellari di Lucas e Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg. Convocò 75 orchestrali, suonò il trombone (il suo strumento) e le tastiere. Pubblicò un album; il 12’’ conteneva una versione di 16 minuti del tema di Guerre Stellari. Il singolo andò al primo posto nelle classifiche di Billboard. Si ballò in tutto il mondo. Visti i risultati, il trattamento fu ripetuto con le musiche del film di Spielberg.

giovedì 22 marzo 2007

I giorni della disco (introduzione) -1.1

Genova, 24 giugno 1978

Cara Nadia,
scusa del ritardo con cui ti rispondo ma sono stato impegnato nell’esame di licenza (?) sino a tardi in quanto è stata sorteggiata la lettera F cosicché sono stato uno degli ultimi ad essere chiamato all’orale. In questo momento non sto facendo niente, non so se sono contento o se mi dispiace che sia finita la scuola, soprattutto perché questo è l’ultimo anno della media.
Prepariamoci ad una altra estate con Umberto Tozzi (Tu) che ci martellerà le tempie ovunque andiamo.
I cantautori segnano il passo, Antonello Venditti, ormai commercializzato con i suoi “pesci”, De Gregori e De André, anche se hanno recuperato molta dalla parte musicale si sono dedicati ad un pubblico più facile (De Gregori e Rimini); la traduzione di Romance in Durango da parte di De André è veramente penosa, e poi è meglio che smetta presto di cantare in sardo (Zirichiltaggia) perché lo canta in maniera spaventosa (te lo posso dire in quanto ho i genitori di origine sarda). Ho già ascoltato le nuove canzoni di Guccini perché sono andato a vederlo al Palasport, comunque il suo nuovo L.P. dovrebbe uscire a giorni e si chiamerà Amerigo.
Mi piacerebbe molto discutere sulla musica nazionale e internazionale e conoscere i tuoi gusti. Ti devo dire che fuori d’Italia a me interessano Crosby, Stills, Nash and Young: fantastici sono Harvest e Déjà vu, il country in generale e poi Pink Floyd, Bob Dylan, Genesis, Beatles, Cat Stevens, David Bowie, al di là di come hanno ottenuto il loro successo (commercializzandosi magari) e come l’hanno convertito in fonte di guadagno (Bob Dylan).
Chiudo così per questa volta il discorso musicale.
Non vorrei che i nostri colloqui (a distanza) trattassero solamente di politica in quanto il rapporto si spegnerebbe ben presto, ma di quei fatti di tutti i giorni che fanno la nostra vita....

Avevo 13 anni e quella riportata sopra è una lettera vera a un'amica che scrissi il giorno dell'esame orale di terza media: è un documento originale e mi sembra molto efficace per introdurre questo post che ha come oggetto la musica disco (o disco-music, come si chiamava in Italia).

Funzionava così: c’era la musica impegnata e la musica commerciale. Le due categorie erano impermeabili, prima di tutto nella testa dei ragazzi. Dentro la musica impegnata ci stavano naturalmente i cantautori e la musica rock pre-punk e pre-new wave, nelle sue articolazioni più diffuse in Italia nel periodo post-Beatles, ovvero progressive, hard-rock (allora si chiamava così quello che poi avrebbe assunto il nome di heavy metal) e west coast. La musica da discoteca era la quintessenza della musica commerciale. La musica da ballo eludeva il ragionamento, escludeva le categorie di giusto e sbagliato, faceva muovere il corpo prima (o senza) la testa e quindi addormentava le coscienze. Cosa farne? Come trattarla?

Il 1978 è l’anno in cui è finito il 1968 e gli anni settanta. Durante il periodo della prigionia del presidente della democrazia cristiana Aldo Moro esplodeva in Italia la febbre del sabato sera: John Travolta attirava le folle nei cinema e la musica dei Bee Gees istituzionalizzava anche sul suolo italico il tipo di locale per giovani, la discoteca, così come si era imposta negli Stati Uniti già da qualche anno, dagli albori della disco music.
L’enorme amplificazione mediatica di Saturday Night Fever, film e disco, scatenava gli opinionisti e i sociologi che, sulle colonne di Panorama, L’espresso e sulla neonata la repubblica, riversavano fiumi d’inchiostro sul perché e i percome gli italiani e soprattutto le giovani generazioni preferissero ballare Disco inferno invece che manifestare in piazza com’era d’uso solo fino all’autunno precedente.
Risulta tuttavia difficile pensare che improvvisamente i giovani italiani che affollavano le feste dell’Unità fossero passati dal cantare Hacia la libertad e Venceremos a ballare Night Fever e Stayin’ alive fino alle prime luci dell’alba: i primi sospiri languorosi di Donna Summer datavano 1975 e addirittura precedenti erano le epopee chilometriche di Barry White.
Tra la fine del 1977 e l'inizio del 1978 era opinione prevalente degli esperti musicali che la disco avesse imboccato la parabola discendente: il successo clamoroso di Saturday Night Fever, oltre a moltiplicare in maniera sbalorditiva i profitti delle case discografiche, a creare un modo nuovo di fruire la musica da ballo, fece intravedere una possibile new frontier musicale che, in moltissimi, provarono ad oltrepassare. Tra il 1978 e il 1980 la disco era pronta ad accogliere non solo il pop ma il rock e la new wave e le distinzioni si fecero molto meno rigide.

Quelli che oggi, trent’anni dopo, sono ritenuti veri e propri manifesti del periodo disco, erano ancora lì da venire – si pensi ad esempio ai fenomenali successi mondiali di Y.M.C.A., I will survive, Knock on wood, Ring my bell, Funky town per non dire di tutta la produzione targata Chic da Le freak ad Upside down passando per Good times, He’s the greatest dancer, We are family e Spacer; per non parlare delle incursioni nella disco di artisti insospettabilmente rock come i Rolling Stones nella ipnotica Miss you o nella di molto inferiore Emotional rescue; di Rod Stewart che, con Da ya think I’m sexy conosceva uno dei più colossali successi della sua carriera, dei Queen, che con Another one bites the dust riutilizzavano per la terza volta in poco meno di un anno il giro di basso di Good times ripetendone e amplificandone, se possibile, il successo. Ma furono i Blondie a chiudere il cerchio passando da una new wave molto pop ad un disco-rock di notevole efficacia e diventando prima in Inghilterra e poi dappertutto, uno dei gruppi di maggiore successo del biennio 1979/80.

Non durò ancora molto. Già nel 1979 negli Stati Uniti si formarono veri e propri movimenti anti-disco: lo slogan era "Disco sucks!", la disco fa schifo!, risultarono vendutissime le magliette che inneggiavano all'uccisione dei Bee Gees ed erano all'ordine del giorno roghi dimostrativi in cui venivano bruciati i dischi dei Bee Gees, Donna Summer, etc.

Presenterò un centinaio di pezzi, che rappresentano, a mio avviso, il meglio della produzione disco, tra il 1973 e il 1980. Lo farò suddividendoli in due parti. La linea di demarcazione più utile è senz'altro Saturday Night Fever, i cui effetti si fecero sentire in Italia nella primavera del 1978: in particolare tra i mesi di aprile e giugno di quell'anno la programmazione radiofonica venne praticamente saturata da almeno una decina di pezzi tratti dal doppio album, tra cui anche canzoni che erano stati successi di qualche tempo prima (Disco Inferno dei Trammps e i due numeri uno americani dei Bee Gees, Jive talkin' e You should be dancing).

Prima di Saturday Night Fever, negli anni 1974-77, la disco era costituita da due filoni piuttosto autonomi scarsamente dialoganti: il primo era quello che derivava direttamente dalla tradizione r'n'b e funky, di cui costituiva una delle possibili evoluzioni; l'altro filone è quello delle produzioni di studio europee, soprattutto tedesche e francesi, caratterizzate da un uso prevalente dell'elettronica, su cui si innestava sovente una linea melodica, derivata dal pop stile eurofestival: da qui il termine eurodisco, coniato in angloterritori e, forse, poco trasparente per noi.

Nella seconda fase, invece, furono dominanti le produzioni americane che innestarono le soluzioni più efficaci della disco europea sulle basi ritmiche tipicamente autoctone: si può forse dire che il grado di sofisticazione era molto maggiore, non necessariamente della freschezza e della efficacia. Molti produttori europei si spostarono negli Stati Uniti, molti artisti rock salirono sul carrozzone disco, oltre a quelli citati sopra, i Kiss, Elton John, i Beach Boys. Era molto più difficile individuare una linea autonoma r'n'b da quella disco: artisti come Earth Wind and Fire, Diana Ross e Michael Jackson, per dire solo dei maggiori, venivano identificati indifferentemente nell'una e nell'altra. Qualche anno dopo si sarebbe parlato di contaminazione, ma allora la parola richiamava solo fenomeni di inquinamento industriale o batterico.


martedì 20 marzo 2007

canzoni (1)

Ce l'ho fatta! mi ero prefisso il compito di ricostruire tutto il corredo musicale degli anni 1975-1977 e in questi giorni ho completato il quadro con gli ultimi tasselli. Come spesso accade, avevo i motivi nella testa, ma non ero in grado di associarli a titoli e/o interpreti. Nessuno dei miei amici era in grado di aiutarmi. Da anni navigavo in tutti i siti specifici ma senza trovare alcun indizio. In poche ore gli ultimi due pezzi della collezione sono entrati nelle mie mani.
Il primo è SAD SWEET DREAMER di un gruppo soul inglese chiamato Sweet Sensation, su youtube c'è anche il video. Avrei detto che era una "roba" americana e invece no, sono inglesi, molto simili agli Stylistics, e sono stati anche al numero uno in UK, anche se solo per una settimana. L'indizio definitivo mi è stato fornito da un mio amico che, come me ricordava la versione italiana di Wess e Dori Ghezzi, ma che, al contrario di me, conosceva anche il titolo: TUTTO BENE.
Sarà soprattutto che per me e mio fratello, che storpiavamo tutte le canzoni in inglese, la canzone si chiamava SEXY DREAMER!