Cars (the) (US) | Just what I needed | 1978 | ||
Nonostante un assetto tipicamente da rock band con spruzzate di sintetizzatori, quindi new wave, la loro ambizione era quella di costruire la perfetta canzone pop. O perlomeno quella di Ric Ocasek, il leader e autore di testi e musiche, la cui estetica visiva piena di glamour (l’etichetta potrebbe essere “cars and girls”) era largamente mutuata da quella di Brian Ferry e dai Roxy Music. La loro proposta fu di immediato riscontro, soprattutto in US, dove tutti i loro album furono almeno dischi di platino. Prima di affrontare progetti solisti paralleli, la band arrivò allo status da super-superstar con Heartbeat City, l’album (il quinto) del 1984, grazie ad una produzione megaleccata, a MTV che programmava i video altrettanto curati dei quattro singoli (top 40 in US) e, soprattutto, grazie ad aver incrociato il gusto di yuppies reaganiani e thatcheriani di metà anni ottanta. A quel punto andarono a far compagnia ad altre macchine-da-soldi come Dire Straits, Phil Collins, le cui musiche uscivano da automobili come la Volvo in voga in quegli anni. Per gli esistenzialisti da camera da letto c’erano gli Smiths, i Jesus and Mary Chain e i primi R.E.M. | ||||
China Crisis (UK) | Wishful thinking | 1984 | ||
Nella piovosissima primavera del 1984 questa era una delle colonne sonore ideali: suoni morbidi virati sull’acustico come reazione all’eccesso di sintetizzatori e drum machines degli anni precedenti. Discretamente di successo. Si misero subito dopo nelle mani di Walter Becker degli Steely Dan. | ||||
Clash (the) (UK) | London calling | 1979 | ||
The ice age is coming, the sun's zooming in/Meltdown expected the wheat is growing thin | ||||
Classix Nouveaux (UK) | Guilty | 1981 | ||
Come per To cut a long story short e per Planet Earth, non si riusciva a stare fermi: in discoteca nel 1981 andavano brani come questi. | ||||
Collins, Phil (UK) | In the air tonight | 1980 | ||
Gli venne molto bene. Per il suo esordio da solista Phil Collins crea un paesaggio sonoro disturbato e sinistro, più vicino alle realizzazioni elettroniche del periodo, in cui si può cogliere anche un apparentamento con Peter Gabriel, per il quale aveva collaborato a pieno servizio nella realizzazione del terzo album qualche mese prima. Insieme a Gabriel e all’ingegnere del suono, Hugh Padgham, sperimentarono per la prima volta quel particolare suono di batteria senza riverbero, che troverà la più efficace espressione in In the air tonight. Questo artificio diventerà un marchio di fabbrica di Collins: gli esempi più noti sono Mama dei Genesis e I know there’s something going on di Frida. | ||||
Cooper, Alice (US) | Clones (We're all) | 1980 | ||
Non se lo ricorderà quasi nessuno ma anche Alice Cooper attraversò una fase new wave. Qui ricorda molto Gary Numan. Si segnala il video in cui si presenta ricoperto di cuki nel ruolo previsto dal testo della canzone: l’inquadratura fissa per tutta la durata del video non aspira in alcun modo ad artistici piani sequenza, ma denuncia unicamente lo scarso credito commerciale di cui godeva Cooper all’epoca presso i suoi manager; si capisce tra l’altro perché MTV, nei suoi primi anni di vita, trasmettesse esclusivamente video inglesi. | ||||
Costello, Elvis (UK) | Alison | 1977 | ||
| Oliver’s army | 1979 | ||
E’ verosimile che il termine new wave sia stato coniato per definire la musica di Elvis Costello, non esistendo una parola per chi, pur provenendo dalla scena punk, del punk aveva mantenuto solo l’atteggiamento lasciando alle spalle il furore iconoclasta. Riverito fin dalla pubblicazione del primo album, My aim is true, e subito sistemato tra i grandi grazie ad un’insolita qualità di scrittura, letteraria e ironica, già evidente in quello che è considerato il suo primo classico, Alison. Ripresa nel 1979 da Linda Ronstadt, è una storia di amore-odio, di amore deluso o non corrisposto, con sottotesto di sardonica amarezza. | ||||
Culture Club (UK) | Do you really want to hurt me | 1982 | ||
| Karma Chameleon | 1983 | ||
La produzione dei Culture Club potrebbe apparire un po’ fuori catalogo rispetto alla sezione in cui ci troviamo se non fosse che Boy George, prima di conoscere la fama planetaria, aveva già fatto una comparsata con i Bow Wow Wow ed era una presenza costante nelle serate londinesi del Blitz, il locale da cui si diffuse il verbo new romantic. Quando Do you really want to hurt me esplose nelle classifiche inglesi, Boy George si ritrovò ad essere una celebrità da un giorno all’altro: grazie ad un umorismo spigliato e alle risposte taglienti diventò uno dei beniamini non solo della stampa musicale ma anche di quella leggera, che in Inghilterra ha un seguito enorme. Nonostante gli sguardi stupiti e forse scandalizzati dei benpensanti che si ripetono all’apparire di Boy George nel video di Do you really want to hurt me, il travestitismo di Boy George dovette risultare piuttosto accettabile al punto da diventare un beniamino dei bambini; E che risultasse poco pericoloso e quasi innocuo ne è testimonianza anche l’enorme successo che accolse i Culture Club negli Stati Uniti. | ||||
Cure (the) (UK) | Boys don’t cry | 1979 | ||
| A forest | 1980 | ||
…..….. In questi due singoli dei Cure ancora bambini vengono fissati i parametri del template di suono su cui sarà impostata tutta la produzione successiva: linee di basso cupe e potenti, strati sovrapposti di chitarre, e un bel beat ritmico che spesso porta a muovere i piedi, con sintetizzatori che sottolineano sottofondi morbosi e dilaniati. La vocina acidula e tendente alla lacerazione di Robert Smith salmodia quadri di desolazione alienata e di spleen esistenziale. Grandissimo gruppo da singoli, unita alle caratteristiche elencate sopra, i Cure possedevano un gusto speciale per la canzone pop con bei fraseggi di chitarra e ritornelli memorabilissimi, di cui Boys don’t cry, è un primo acerbo esempio con reminiscenze anni sessanta. A tale talento si deve la trasformazione dei Cure nella band alternativa di maggiore successo, con vendite milionarie e singoli top ten negli Stati Uniti tra le fine degli anni ottanta e i primi novanta. |
sabato 26 maggio 2007
NEW WAVE ONE HUNDRED: parte 3 (lettera C)
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