sabato 26 maggio 2007

NEW WAVE ONE HUNDRED: parte 3 (lettera C)



Cars (the) (US)

Just what I needed

1978

Nonostante un assetto tipicamente da rock band con spruzzate di sintetizzatori, quindi new wave, la loro ambizione era quella di costruire la perfetta canzone pop. O perlomeno quella di Ric Ocasek, il leader e autore di testi e musiche, la cui estetica visiva piena di glamour (l’etichetta potrebbe essere “cars and girls”) era largamente mutuata da quella di Brian Ferry e dai Roxy Music. La loro proposta fu di immediato riscontro, soprattutto in US, dove tutti i loro album furono almeno dischi di platino. Prima di affrontare progetti solisti paralleli, la band arrivò allo status da super-superstar con Heartbeat City, l’album (il quinto) del 1984, grazie ad una produzione megaleccata, a MTV che programmava i video altrettanto curati dei quattro singoli (top 40 in US) e, soprattutto, grazie ad aver incrociato il gusto di yuppies reaganiani e thatcheriani di metà anni ottanta. A quel punto andarono a far compagnia ad altre macchine-da-soldi come Dire Straits, Phil Collins, le cui musiche uscivano da automobili come la Volvo in voga in quegli anni. Per gli esistenzialisti da camera da letto c’erano gli Smiths, i Jesus and Mary Chain e i primi R.E.M.

China Crisis (UK)

Wishful thinking

1984

Nella piovosissima primavera del 1984 questa era una delle colonne sonore ideali: suoni morbidi virati sull’acustico come reazione all’eccesso di sintetizzatori e drum machines degli anni precedenti. Discretamente di successo. Si misero subito dopo nelle mani di Walter Becker degli Steely Dan.

Clash (the) (UK)

London calling

1979

The ice age is coming, the sun's zooming in/Meltdown expected the wheat is growing thin
Engines stop running but I have no fear/'Cause London is crowning and I live by the river
London calling to the imitation zone/Forget it brother, you can go it alone
London calling to the zombies of death/Quit holding out and draw another breath
London calling and I don't wanna shout/But while we were talking I saw you noddin' out
London calling, see we ain't got no highs/Except for the one with the yellowy eyes
The ice age is coming, the sun's zooming in/Engines stop running the wheat is growing thin
A nuclear error but I have no fear/'Cause London is drowning and I live by the river
Now get this/London calling yes I was there too
And you know what they said - well some of it was true/London calling at the top of the dial
And after all this won't you give me a smile?
I never felt so much like...

Da uno dei più celebrati album di tutta la musica rock – sta sempre in cima nelle liste dei dischi più importanti di sempre, insieme a Beatles, Beach Boys, Van Morrison, etc.
Straordinariamente e velocemente transitati dalla ribellione “without a cause” del primo omonimo primo album, ad una piena consapevolezza politica e sociale unita ad un’assimilazione altrettanto prodigiosa di stilemi musicali più svariati, i Clash di London Calling rappresentano una delle acquisizioni più imprescindibili della musica del periodo.
Dal caleidoscopio dell’album, ecco l’apocalisse a tempo di marcia, piena di rabbia lucida ed intelligenza, di urgenza tesa e angoscia partecipata del singolo: Radio Londra ai tempi della catastrofe nucleare. Da mandare a memoria: capolavoro!

Classix Nouveaux (UK)

Guilty

1981

Come per To cut a long story short e per Planet Earth, non si riusciva a stare fermi: in discoteca nel 1981 andavano brani come questi.
Costituivano una sorta di seconda linea del plotone new romantic: non propriamente di successo, ma molto popolari, perlomeno nelle radio italiane, con Guilty. Sal Solo, mantello e “pelata”, una via di mezzo tra Nosferatu e Von Stroheim in Sunset Boulevard, ma molto più giovane, era il “leader of the pack”. Non andò oltre il 43° posto in UK. Il video, ambientato in una discoteca, merita per una ricognizione dello stravagante abbigliamento dei presenti.

Collins, Phil (UK)

In the air tonight

1980

Gli venne molto bene. Per il suo esordio da solista Phil Collins crea un paesaggio sonoro disturbato e sinistro, più vicino alle realizzazioni elettroniche del periodo, in cui si può cogliere anche un apparentamento con Peter Gabriel, per il quale aveva collaborato a pieno servizio nella realizzazione del terzo album qualche mese prima. Insieme a Gabriel e all’ingegnere del suono, Hugh Padgham, sperimentarono per la prima volta quel particolare suono di batteria senza riverbero, che troverà la più efficace espressione in In the air tonight. Questo artificio diventerà un marchio di fabbrica di Collins: gli esempi più noti sono Mama dei Genesis e I know there’s something going on di Frida.
La canzone ebbe immediata enorme popolarità, con grande successo dappertutto, e andò in classifica anche in Italia.

Cooper, Alice (US)

Clones (We're all)

1980

Non se lo ricorderà quasi nessuno ma anche Alice Cooper attraversò una fase new wave. Qui ricorda molto Gary Numan. Si segnala il video in cui si presenta ricoperto di cuki nel ruolo previsto dal testo della canzone: l’inquadratura fissa per tutta la durata del video non aspira in alcun modo ad artistici piani sequenza, ma denuncia unicamente lo scarso credito commerciale di cui godeva Cooper all’epoca presso i suoi manager; si capisce tra l’altro perché MTV, nei suoi primi anni di vita, trasmettesse esclusivamente video inglesi.

Costello, Elvis (UK)

Alison

1977


Oliver’s army

1979

E’ verosimile che il termine new wave sia stato coniato per definire la musica di Elvis Costello, non esistendo una parola per chi, pur provenendo dalla scena punk, del punk aveva mantenuto solo l’atteggiamento lasciando alle spalle il furore iconoclasta. Riverito fin dalla pubblicazione del primo album, My aim is true, e subito sistemato tra i grandi grazie ad un’insolita qualità di scrittura, letteraria e ironica, già evidente in quello che è considerato il suo primo classico, Alison. Ripresa nel 1979 da Linda Ronstadt, è una storia di amore-odio, di amore deluso o non corrisposto, con sottotesto di sardonica amarezza.
Oliver’s army, da Armed Forces del 1979, sotto l’aria scanzonata e orecchiabile esprime una forte presa di posizione antimilitarista, criticando il reclutamento di giovani nelle forze armate, sfruttando la forte disoccupazione degli anni settanta in Inghilterra: l’Oliver del titolo è Oliver Cromwell, il personaggio storico che nel 1648, grazie alla Glorious Revolution, per un trentennio fece fuori la monarchia inglese e a cui viene fatta risalire la consuetudine di assoldare ragazzi adolescenti nell’esercito.

Culture Club (UK)

Do you really want to hurt me

1982


Karma Chameleon

1983

La produzione dei Culture Club potrebbe apparire un po’ fuori catalogo rispetto alla sezione in cui ci troviamo se non fosse che Boy George, prima di conoscere la fama planetaria, aveva già fatto una comparsata con i Bow Wow Wow ed era una presenza costante nelle serate londinesi del Blitz, il locale da cui si diffuse il verbo new romantic. Quando Do you really want to hurt me esplose nelle classifiche inglesi, Boy George si ritrovò ad essere una celebrità da un giorno all’altro: grazie ad un umorismo spigliato e alle risposte taglienti diventò uno dei beniamini non solo della stampa musicale ma anche di quella leggera, che in Inghilterra ha un seguito enorme. Nonostante gli sguardi stupiti e forse scandalizzati dei benpensanti che si ripetono all’apparire di Boy George nel video di Do you really want to hurt me, il travestitismo di Boy George dovette risultare piuttosto accettabile al punto da diventare un beniamino dei bambini; E che risultasse poco pericoloso e quasi innocuo ne è testimonianza anche l’enorme successo che accolse i Culture Club negli Stati Uniti.
Se non si hanno prevenzioni nei confronti della musica pop, non si potrà non apprezzare il perfetto marchingegno che sostiene l’intelligente leggerezza delle due canzoni, tra le più popolari del periodo, al primo posto in un’infinità di classifiche sparse per tutto il mondo.

Cure (the) (UK)

Boys don’t cry

1979


A forest

1980

…..…..
The sound is deep
In the dark
………

(A Forest – The Cure)

In questi due singoli dei Cure ancora bambini vengono fissati i parametri del template di suono su cui sarà impostata tutta la produzione successiva: linee di basso cupe e potenti, strati sovrapposti di chitarre, e un bel beat ritmico che spesso porta a muovere i piedi, con sintetizzatori che sottolineano sottofondi morbosi e dilaniati. La vocina acidula e tendente alla lacerazione di Robert Smith salmodia quadri di desolazione alienata e di spleen esistenziale. Grandissimo gruppo da singoli, unita alle caratteristiche elencate sopra, i Cure possedevano un gusto speciale per la canzone pop con bei fraseggi di chitarra e ritornelli memorabilissimi, di cui Boys don’t cry, è un primo acerbo esempio con reminiscenze anni sessanta. A tale talento si deve la trasformazione dei Cure nella band alternativa di maggiore successo, con vendite milionarie e singoli top ten negli Stati Uniti tra le fine degli anni ottanta e i primi novanta.

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