sabato 28 aprile 2007

I giorni della disco - 2.6

10. Fantasy

Earth, Wind and Fire

1977

Già gruppo r’n’b di grande successo in US, assurgono a superstar planetarie tra il 1977 e il 1979, con sequenza ininterrotta di gran pezzi da ballare: rappresentano il coté più raffinato della disco, con potente sezione fiati e cori perfetti. Fantasy è stata per anni la sigla di Prima visione, il programma di anteprime cinematografiche di Raiuno ed è stata rifatta, con discreto successo dai Blackbox nel 1990.

9. I wish

Stevie Wonder

1976

Songs in the key of life era il quinto capolavoro consecutivo di Stevie Wonder. Rimase per 14 settimane al primo posto degli album più venduti in US, produsse due singoli numeri uno e una delle canzoni più popolari della musica degli ultimi 50 anni a non essere uscita come singolo, Isn’t she lovely. Ok, lo so: cosa c’entra Stevie Wonder con la disco? Non c’entra quasi niente, va bene; ma in quel quasi, ci sta che almeno quattro brani di questo album erano ballatissimi dappertutto: I wish, Sir Duke, Another star e Black man. Può bastare?

8. You should be dancing

Bee Gees

1976

Una delle metamorfosi più radicali della storia della musica pop si era compiuta l’anno prima: il falsetto, archi e fiati di Jive talkin’ aveva annullato quasi dieci anni di onorata carriera nella sezione: pop melodico. Non era andata male: nel 1976 consolidarono il nuovo corso con questo grande singolo, che presenta uno degli inizi più torridi che mai si siano sentiti nella musica da ballo; poi è un tripudio di cori, chitarre, fiati, archi; per non dire di una favolosa linea di basso, con batteria stratosferica! La sua fama (come quella di Jive talkin’) venne riaggiornata con l’inclusione in Saturday Night Fever.

7. Nice’n’ nasty

The Salsoul Orchestra

1976

La fantasmagoria di un’orchestra per una delle mie epopee disco preferite: con un’introduzione che funziona come un rappel à l’ordre non discutibile (tutti in pista!), un tappeto ritmico cui resisti non potest, archi e fiati che improvvisano aperture di luce nella tenebra dei bassi-batteria. Divertitevi!

6. Don’t leave me this way

Thelma Houston

1976

Già classico Philly Sound di Harold Melvin and the Blue Notes di qualche anno prima conosce la sua versione definitiva nella versione di Thelma Houston, numero uno negli Stati Uniti all’inizio del 1977. Che si trattasse poi di un brano buono per tutte le stagioni si dimostrò nel 1986 quando la sua rilettura da parte di Jimmy Somerville (con Richard Coles nei Communards) anche con l’apporto di Sarah Jane Morris, diventò il singolo più venduto dell’anno nel Regno Unito e un best seller in tutta Europa. Thelma Houston, di cui non si conoscono altri successi, pur costituendo la più proverbiale degli one hit wonder, andò temporaneamente ad occupare il trono di disco queen, lasciato vacante da Gloria Gaynor, e prima che venisse assegnato definitivamente a Gloria Gaynor.

5. That’s the way I like it

KC. & the Sunshine Band

1975

Degli svariati hit (5 numeri uno americani a suo nome) scritti da H.W. Casey, uno dei produttori più importanti della prima disco (si è detto di Rock your babe e Jimmy Bo Horne), questo è probabilmente il più popolare: se si avessero dei dubbi a cosa si riferisca il titolo, gli “ah-ah, ah-ah” ripetuti per tutta la canzone tra “that’s the way” e “I like it” dovrebbero chiarire tutto. Ebbe un brano incluso in Saturday Night Fever (Boogie shoes) e due ritorni al grande successo nel 1979/80 (Please don’t go e Yes I’m ready) e nel 1984 (Give it up!.

4. You’re the first, the last, my everything

Barry White

1975

Insieme a KC. & the Sunshine Band il marchio di fabbrica disco più popolare del periodo 1974-1976: di pari passo con questo, una ripetitività indubbia che rendeva spesso difficile distinguere un hit dall’altro. L’altra caratteristica di Barry White riguardava la lunghezza dei titoli delle canzoni. Il suono è quello soffice e morbido di origine orchestrale con tappeti di archi su cui si innesta il vocione del cantante.

3. Never can say goodbye

Gloria Gaynor

1974

Con i due artisti sopra citati compone l’ideale empireo delle divinità disco, nei giorni della prima diffusione del nuovo culto. In particolare, Gloria Gaynor fu la prima star ad essere fregiata del titolo di disco queen: in realtà le sue fortune non furono così durature, visto che già nel 1976 era considerata irrimediabilmente superata e che nel 1979, quando I will survive diventò un hit stratosferico, sembrava che i suoi successi precedenti si riferissero a qualche imprecisata epoca del passato. Tornando invece ai suoi primi giorni felici, Never can say goodbye, cover di un brano del 1971 dei Jackson 5, risulta ancora oggi uno degli inni più allegri, portatori di euforia gioiosa, che sia mai stato dato sentire nelle piste da ballo, grazie all’arrangiamento e alla vocalità serena e aperta di Gloria Gaynor. L’idea geniale fu quella di inserire Never can say goodbye in un medley che iniziava con Honey bee e si concludeva con la cover di Reach out (I’ll be there), nell’album della Gaynor del 1975, per una durata di quasi 20 minuti, a coprire tutta la facciata che predisponeva ad una maratona di danze e balli che percorse le sale di tutto il mondo per tutto l’anno.

Raccomandazione: da evitare accuratamente le versioni rifatte di Never can say goodbye e di Reach out (I’ll be there) che hanno cominciato a circolare in larga copia nei negozi di dischi a partire dal primo disco revival dei primi anni novanta: fanno schifo!

2. Night fever

Bee Gees

1978

L’apoteosi della disco si raggiunse nella primavera del 1978: la colonna sonora di Saturday Night Fever rimase per 24 settimane (6 mesi!) al primo posto degli album più venduti negli Stati Uniti. Successi analoghi si riprodussero in tutti i mercati discografici maggiori. I 5 brani originali dei Bee Gees (i 3 singoli e i 2 brani cantati anche da Yvonne Elliman e dai Tavares) nonché un’altra mezza dozzina di successi degli anni precedenti rivitalizzati dall’inclusione nella raccolta, occuparono per tutta una stagione le classifiche dei singoli e le frequenze delle radio. Si cristallizzò un’idea della disco, che non includeva necessariamente tutte quelle esistenti e quelle passate, soprattutto a livello musicale. Introdusse una sorta di sospensione alla reazione, che di lì a poco avrebbe assunto negli Stati Uniti connotazioni anche violente, al fenomeno disco, avvertibile, in Italia, per esempio, già verso la fine del 1977. Le accuse erano le solite: musica vuota, banale, ripetiva, noiosa, stupida e per stupidi, etc. L’impatto commerciale fu enorme: non solo a livello di apertura di locali, ma anche per quanto riguardava gli investimenti e la programmazione delle case discografiche: tra il 1978 e il 1979 la quantità di artisti di ambito pop/rock che migrò verso produzioni disco fu impressionante.

Torniamo ai Bee Gees: in presenza di dittici dicotomici, tutti hanno ragione e nessuno ha torto. Il caso che si tratta qui è: preferite Night Fever o Stayin’ alive? Stayin’ alive arrivò temporalmente prima e annunciò la Febbre: in Italia fagocitò il secondo singolo che quasi non ebbe riscontro in classifica. Diversa la storia oltralpe: nel Regno Unito, Stayin alive non andò nemmeno al primo posto, Night Fever fu prima solo per due settimane (e quattro al secondo posto), causa le vendite stratosferiche di Rivers of Babylon dei Boney M; le richieste per i due singoli erano talmente elevate che gli stabilimenti inglesi non riuscivano a coprire la domanda e costrinsero la WEA e la RSO a farli stampare anche in Olanda e in Germania. Negli Stati Uniti il match Stayin alive-Night fever finì 4 a 8 – nel senso di settimane al primo posto! Se non si è capito, a me piace più Night fever!

1. I feel love

Donna Summer

1977

Uno degli archetipi disco per antonomasia. Suona quasi sperimentale e avant-garde ancora oggi. In un album (I remember yesterday) tra i più mediocri che la coppia Moroder-Bellotte predispose per la Summer, spicca come una gemma ineguagliabile. Non amata da chi dalla disco si aspetta soprattutto violini e melodie semplici con cori e fiati che la fanno da padrone, rappresentò probabilmente il più inatteso dei successi da parte degli stessi produttori che non lo volevano nemmeno pubblicare come singolo di punta. Solo sintetizzatori con linee ritmiche che si inseguono e si sovrappongono per scomparire tutte insieme e ripartire una dietro l’altra, come succede due volte nella versione più lunga del brano; suoni di tastiera elettronica che evidenziano coppie minime di apertura/chiusura, compressione /dilatazione, oppressione/liberazione. Rimixata infinite volte, tra le cover va segnalata quella a nome Bronski Beat e Marc Almond, non fosse che per il successo ottenuto (terzo posto in UK, in aprile 1985): si trattava in realtà di un medley, comprendente anche Love to Love You Baby e Johnny Remember Me di John Leyton. Wikipedia riporta la definizione di un critico, secondo cui si trattava di "the gayest record ever made"; in italiano la diremmo una "gran checcata", il che non deve intendersi come un'offesa!
Nell’estate del 1977 avevo 13 anni e impazzivo per I feel love. Vado a memoria, ma mi sembra che Donna Summer venne in Italia per un concerto alla Bussola a settembre dello stesso anno: i giornali continuavano a dire che non esisteva, che era un prodotto di studio, che la voce dei dischi non era la sua, etc. Tutto ciò si svolgeva parallelamente al tam tam mediatico sulla presunta transessualità di Amanda Lear, che conosceva in quel periodo il grande successo di Tomorrow. Renato Zero impazzava con Mi vendo/Morire qui e anche a scuola – all’inizio della terza media, si parlava di omosessualità: era trent’anni fa!

4 commenti:

Verdier il Vampiro ha detto...

allora anche tu hai un blog!!!!
Ti linko sul mio.

gloucester ha detto...

Grazie! Come quei proprietari di empori o negozi in posti periferici e lontanissimi da tutto non stanno nemmeno più al bancone e se ne vanno in giro a fare dell'altro, visto che non entra mai nessuno; così io, non essendo abituato a ricevere commenti, solo adesso mi sono accorto del tuo post!
In realtà, mi ero registrato per lasciare un commento su Chartitalia e poi, già che c'ero ho cominciato a scriverci qualcosa.

Verdier il Vampiro ha detto...

scusa, se non entra mai nessuno è solo perchè non scrivi mai sul blog!! Non lo aggiorni di frequente. Ti avevo linkato il mio per farti sapere che avevio cominciato a mettere delle cose che ti avrebbero (forse) fatto piacere. Stai continuando ad andarci? Non vedo più tuoi commenti ed io lo aggiorno con cose nuove tre volte al dì!!

gloucester ha detto...

hai ragione su tutto, questione di tempo e altre cose da fare...
certo che ci vado sul tuo blog, ma il vampiro col suo sapere enciclopedico e sterminato è diventato troppo esigente e i pigri come me non riescono a tenere il passo al punto che di fronte all'eccesso di offerta si spaventano addirittura e non sanno più cosa fare. Ero ancora lì con Eva Eva Eva e Donatella Moretti System che si è riversato un autentico monsone con chicche stra-ordinarie che nemmeno facevo in tempo a realizzare che ce n'erano subito altre. Proprio ieri ho apprezzato Lulu e Suan e oggi vedo che c'è Roberto Carlos:benissimo!